Il mio maestro Rodolfo Sacco, poco prima del 25 aprile1945, è nella foto quello segnato con la freccia rossa. Fra il 1944 e il 1945 avrebbe passato vari mesi in montagna, nelle valli sopra Pinerolo, fra i partigiani, nelle formazioni cattoliche. Era anche riuscito a un certo punto a scappare dalla prigione dei nazi-fascisti e si era dato nuovamente alla macchia. Aveva allora poco più di vent’ anni.  Tornato a Torino dopo il ’45 darà in poco tempo i molti esami che gli mancavano per laurearsi in giurisprudenza. Nel giro di pochi anni avrebbe preso la docenza in diritto civile, poco dopo avrebbe vinto la cattedra. Quindici dopo quel 1945 l’avrei conosciuto a Pavia, dove insegnava, e mi sarei laureato con lui in diritto del lavoro. Qualche anno più tardi, ero diventato suo assistente, c’era già un po’ di confidenza, gli chiesi una sera se come partigiano avesse mai ucciso nessuno, Sacco ebbe un attacco di veemenza e irruenza, e mi rispose ‘’Non mi faccia questa domanda né adesso, né mai più’’. Rimasi stupito ma non volli insistere. Quattro anni fa a Torino mangiavamo una sera insieme, credo sia stata l’ultima volta, Rodolfo improvvisamente mi domando se mi ricordavo di quell’antica domanda, risposi che mi ricordavo anche della risposta. Lui aggiunse che era tempo sapessi la verità in proposito, fu  poi un racconto dettagliato e molto strano, una verità che ho deciso di non rivelare. A parte questo, non ho mai saputo se Sacco fosse orgoglioso oppure deluso di avere un allievo come me, eravamo così diversi … c’erano dei miei difetti, come studioso,  che Sacco ben conosceva e che credo di aver corretto solo in parte. Penso al mio maestro   piemontese ogni giorno. Ho imparato tanto da lui, personalmente ho molto forte il senso della fedeltà di scuola, della gratitudine.  Mi domando poi se davanti ai nazi-fascisti avrei mai avuto il suo coraggio.