-- Pubblica amministrazione
- Una regione ha contestato la possibilità di ricorrere alla società mista senza farmacisti dipendenti per la gestione della farmacia comunale
- Il Consiglio di Stato ha confermato, invece, le ragioni del comune
Un comune aveva presentato ricorso al Tar Campania contro la decisione da parte della Regione Campania di non eseguibilità della deliberazione del comune di costituire una società mista per la gestione della farmacia comunale in assenza di farmacisti gestori di farmacie comunali. La Regione riteneva tale scelta in contrasto con la previsione dell"art. 9, l. n. 475 del 1968, atteso che le forme di gestione della farmacie comunali consentite dalla legislazione in materia sono "unicamente quelle previste dall"art. 10 L. n. 362 del 1991" e cioè: in economia; a mezzo di azienda speciale; tramite consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari; a mezzo di società di capitali costituite tra il Comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestano servizio presso le farmacie di cui il Comune abbia la titolarità.
I giudici amministrativi campani (cfr. Tar Campania – Sez. staccata di Salerno – Sez. I, n. 01729/2011) hanno accolto il ricorso di parte comunale, evidenziando che "i Comuni possono scegliere di gestire una farmacia comunale mediante la costituzione di una società a capitale pubblico/privato senza che sia ostativa la circostanza della mancanza di farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie comunali".
Contro la sentenza ha proposto appello la Regione Campania che, tra l"altro, ha dedotto la non applicabilità della forma di gestione mista della farmacia comunale, ai sensi dell"art. 9 della legge n. 475 del 1967 e successive modificazioni, "stante l"assenza sul territorio di farmacisti gestori di farmacie comunali da associare nella costituenda società di capitali."
Il Consiglio di Stato, Sez. III, con sentenza 31 ottobre 2014, n. 5389, ha respinto il ricorso e quindi confermato la sentenza appellata, ribadendo quanto segue:
I giudici di Palazzo Spada hanno inquadrato le norme sopra richiamate quale parte di un complesso di norme attuative di principi dell'Unione europea in materia di servizi pubblici locali aventi rilevanza economica, "con la conseguenza che una interpretazione "esclusiva" dell'art. 9 della legge n. 475 del 1968 più volte citato dall"effetto abrogativo - nel senso di riservare la partecipazione alla società di capitali solo ai farmacisti dipendenti - dovrebbe essere disapplicata per contrasto con il diritto europeo o in ogni caso sottoposta al giudizio della Corte di Giustizia. (cfr. sui principi Cons. St., Sez. III, n. 3647 del 2013)".
Tutto ciò considerato, il Consiglio di Stato non considera l"assenza di farmacisti dipendenti di farmacie pubbliche quale condizione ostativa alla costituzione di una società a capitale pubblico e privato per la gestione della farmacia di cui è titolare il Comune. Il modello della società mista pubblico-privata dunque rientra a pieno titolo tra le formule giuridico-organizzative che i comuni possono adottare, in specie dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 199 del 2012, n. 229 e 236 del 2013, per la gestione dei servizi pubblici locali e, quindi, anche delle farmacie comunali.