Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  16/09/2023

Sommessa riflessione - Giacomo Mason

Vi sono individui che, dotati da madre natura di naturale propensione alla menzogna, la affinano- nel corso dell’esistenza- a tal punto da non distinguere più la realtà dalla loro fervida fantasia. Costoro “credunt”- o “putant”-“quod cupiunt”.
Questa singolare categoria umana, che vanta adepti in ogni più recondito anfratto dell’orbe terracqueo ed è degnamente rappresentata a qualsivoglia latitudine della superficie terrestre, è in grado di sostenere e difendere le proprie speciose argomentazioni con strenua caparbietà.
Il loro motto ispiratore, modellato sulla falsariga del famoso “resistere resistere resistere” di qualche togato di remota notorietà, oggi passato a miglior vita, è “negare, negare, negare”. Ad ogni costo, in qualsiasi momento, ovviamente per proprio tornaconto personale. Mi chiedo quale sia l’atteggiamento più opportuno da tenere allorché ci si imbatta in tali “qualificati” interlocutori. Non esito a confessare una profonda sensazione di disagio anche solo ad accennarne… Non si creda che simili figure umane allignino soprattutto tra le persone culturalmente più deficitarie. Si rinvengono agevolmente anche tra i più eruditi frequentatori di esclusivi circoli letterali, tra i “prestatori d’opera intellettuale”per dirla col nostro codice civile.
La menzogna è trasversale, non ha preferenze politico-partitiche, tutti attinge con la sinuosa suadente seduttività delle sue aggraziate movenze…
E qui vorrei aprire una parentesi, se non altro per contrapposto “amor veritatis”, per minimale onestà intellettuale. Si dice che la cultura non sia poi così necessaria, bastando a supplirla una sufficiente dose di buon senso. Può essere. Sta di fatto, però, che spesso l’incolto non ha un’ esatta percezione dei propri limiti, anzi li valica disinvoltamente nell’erronea, stolida convinzione che tutto gli sia consentito in un’ottica di garantita impunità.
Orbene, qui volevo arrivare: quando il debole, il fragile, l’indifeso, l’invalido hanno a che fare con questo genere di persone, sono sufficientemente tutelati? Non esito a rispondere negativamente. E non certo per indulgere alla odierna, assai in voga a quanto pare, ipercriticità avverso l’istituto giuridico dell’amministrazione di sostegno, come se la sua espunzione dall’ordinamento giuridico dovesse apportare chissà quali miglioramenti alle condizioni del beneficiario. Ciò affermo per mia esperienza personale, di soggetto fragile affetto da pluridecennale patologia Neurodegenerativa, che non si è ancora avvalso di tale Istituto giuridico e che ogni giorno deve combattere, col di lui fratello gemello che gli fa da caregiver, l’ostilità crescente di altri stretti parenti istigati all’odio “razziale” dai rispettivi partners (prendersela con un invalido è o non è atto di razzismo?????).
Costoro attentano alla mia sopravvivenza con una condotta omissiva di qualsivoglia forma di aiuto che- e di ciò hanno chiara consapevolezza- nei riguardi di chi scrive (come accadrebbe nei riguardi di qualsiasi altro individuo nelle mie stesse condizioni di salute ed esistenziali) ne decreterà, prima di quanto prevedano, l’ineluttabile fine.
Sappiamo tutti, noi che abbiamo studiato legge, che su costoro non incombe alcuna posizione di garanzia e/o di protezione nei riguardi del fratello malato, nonostante la loro tutt’altro che stentata condizione sociale. C’è un vuoto normativo da colmare, come quello creato dall’Intervenuta abrogazione, nel lontano 1981, del delitto di plagio. Se ne può discutere? O è argomento tabù, affetto da manifesta illogicità?
Chi sa mi risponda, di grazia.
Con profonda osservanza.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film