-  Ziviz Patrizia  -  19/05/2017

Danno da lesione del rapporto parentale: no alla valutazione puramente equitativa - Cass. civ. 18 maggio 2017, n. 12470 – Patrizia Ziviz

- Lesione del rapporto parentale derivante dal danno alla salute del congiunto

- Mancato riferimento alle tabelle milanesi

- Inammissibilità di una valutazione puramente equitativa

Una recentissima sentenza della S.C. (Cass. civ. 18 maggio 2017, n. 12470 – Rel. Rubino) formula alcune interessanti considerazioni in punto di valutazione del danno non patrimoniale derivante da lesione del rapporto parentale determinata da una grave invalidità del congiunto.

A causa di un sinistro stradale, un uomo riportava gravi lesioni permanenti, valutate nella misura del 70%. Agisce in giudizio, oltre alla vittima dell"incidente, la moglie, al fine di ottenere il ristoro dei pregiudizi riportati a causa della completa alterazione della vita familiare, determinata dalla necessità di una continua assistenza al marito e dal deterioramento dei rapporti con lo stesso, il quale riportava postumi di carattere psichico tali da compromettere la relazione personale e affettiva con la consorte. Ritenendo non consona la liquidazione del pregiudizio non patrimoniale operata dal tribunale di primo grado, la donna ricorrerà in appello, chiedendo – in particolare – che la liquidazione del danno venga effettuata attraverso il riferimento alle tabelle di Milano, essendo in gioco un danno talmente grave da essere equiparabile a quello derivante dalla perdita del rapporto parentale. I giudici di secondo grado daranno atto dell"inidoneità della somma liquidata in prima istanza a coprire interamente il danno, considerata la compromissione dei rapporti personali, inclusi quelli di natura sessuale, tra i due coniugi e provvederanno a rideterminare il danno. Ritenendo, tuttavia, di non poter fare riferimento alla tabelle milanesi relative alla perdita del rapporto parentale, la corte di appello procede ad un"integrazione del risarcimento, adottando due parametri equitativi puri: in particolare, si attribuisce un determinato valore economico a ciascun anno di futura durata della convivenza - per i successivi vent"anni -  riconoscendo un valore annuo alla perdita della sfera affettiva sessuale (pari a 2500 euro)  e altro valore (di ulteriori 2500 euro) per gli oneri di assistenza.

La Cassazione sottolinea come la sentenza di secondo grado tenga adeguato conto, da un punto di vista teorico-ricostruttivo, di tutte le conseguenze non patrimoniali patite dalla moglie, a seguito dell"incidente stradale che aveva coinvolto il consorte: ciò sia sotto al profilo degli obblighi assistenziali, che dello sconvolgimento della vita personale, relazionale e sessuale della ricorrente e, ancora, della sofferenza morale.

Si consuma, invece, una violazione di legge in punto di liquidazione del danno non patrimoniale. In primo luogo, le tabelle milanesi vengono ritenute utilizzabili solo in caso di morte del parente, e non per commisurare il danno in caso di sopravvivenza dello stesso con una grave infermità permanente, tale da compromettere il rapporto familiare. Un"impugnazione sotto questo punto è ritenuta ammissibile dai giudici di legittimità, in quanto la ricorrente si è concretamente doluta in appello della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle milanesi ed ha versato in atti le stesse.

In secondo luogo, risulta che i giudici d"appello hanno provveduto ad integrare la somma liquidata in primo grado con una cifra ulteriore, mentre "il giudice è tenuto a riconsiderare unitariamente benché nella sua articolata complessità il danno a riliquidarlo nella sua interezza, non potendosi limitare ad aggiungere una cifra per un aspetto non adeguatamente considerato dal giudice di primo grado, perché ciò contrasta con la valutazione unitaria del danno non patrimoniale, finalizzata al suo risarcimento integrale".

Infine, la Cassazione rigetta il ricorso al criterio equitativo puro, osservando che "la sentenza quantifica l"importo dovuto alla ricorrente per il risarcimento del danno non patrimoniale da alterazione del rapporto parentale discostandosi dalle tabelle per far ricorso ad un criterio equitativo puro, senza giustificare in alcun modo la necessità di farvi ricorso e senza precisare per quale motivo sia impossibile, nel caso di specie, utilizzare altri più omogenei e verificabili criteri di quantificazione del danno". Non solo: il riconoscimento di un importo fisso da corrispondere alla danneggiata in relazione a ciascun anno di futura convivenza, agganciato a due diversi profili di afflittività, viene circoscritto ad un periodo di vent"anni: restrizione del tutto arbitraria, considerato che tale alterazione irreversibile del rapporto non appare destinata ad evolversi positivamente con l"avanzare dell"età dei coniugi e tenuto conto che la limitazione non risulta parametrata né alle aspettative di vita della vittima diretta, né a quelle della consorte.




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