-  Cendon Paolo  -  04/04/2012

GIANCARLO GIUSTI, QUEL CHE SO DI LUI – Paolo CENDON

In uno dei giornali che parlavano di Giancarlo Giusti (il giudice calabrese arrestato qualche giorno fa dai p.m. di Milano, nel quadro di un"inchiesta sulla "ndrangheta), ho letto a un certo punto: "Come abbia fatto un uomo simile a scrivere un Commentario, è un autentico mistero!".

Non è improbabile   che il riferimento fosse ad una delle grosse opere scientifico/divulgative che mi è capitato di curare, di recente.

La mia risposta al riguardo sarebbe allora: "Difficile trovare qualcuno più adatto a collaborare ad imprese come un Commentario o un Trattato, qualcuno più idoneo di Giusti a intrecciare nelle proprie pagine senso del sistema, conoscenza approfondita della giurisprudenza, attitudini interdisciplinari, stile agile e chiaro".

Non solo di questo si tratta però.

Sui provvedimenti milanesi assunti ultimamente a carico di Giusti - sui fatti alla loro origine - nulla potrei dire. Ciò che so è quanto ho letto sui giornali.

Mi limito qui al riscontro di certe note soggettive, di colore, comparse in alcuni quotidiani. E affermo  come i dati in mio possesso non corrispondano affatto all"immagine – ventilata in qualche articolo - di una specie di mostro nascosto sotto la toga, di una sorta di dr. Jekill, diviso a metà fra il bene e il male.

Non so se il crimine c"è, nei vissuti di Giusti, lo diranno i giudici, ho piena fiducia in loro. Spero che tutto finisca al meglio, sarà quel che deve essere.

So soltanto che il bene non manca, qui, e non è neppur di poco conto.

Sul piano professionale in primo luogo

Sottolineerei anzitutto - nella mia veste di curatore di lavori collettanei, ma anche come studioso di questioni inerenti ai soggetti deboli e all"illecito -   come i meriti di Giusti (persona che conosco da più di dieci anni) non siano riducibili agli standard del buon "tecnicismo" esegetico, illustrativo.

Più d"una in effetti le luci da rimarcare.

Freschezza culturale – per cominciare - apertura della mente, gusto per le novità meritevoli di attenzione; curiosità istintiva, amore per i larghi orizzonti ricostruttivi, fantasia nel mettere insieme le cose.

Per dirne una: Giusti è stato da subito  un "esistenzialista" nei suoi approcci alla responsabilità civile: un interprete pronto  a far rifluire entro le categorie giuridiche gli aspetti umani e immediati dei torti, delle compromissioni ingiuste. Spinto cioè a vedere nelle vittime non già le marionette di qualche algoritmo scolastico, bensì realtà pulsanti, immerse in ben precisi contesti di tipo relazionale, affettivo, associativo, partecipativo, ricreativo.

La vita nei suoi aspetti effettivi/quotidiani   - le varie negatività del danno - accanto e al di là degli archetipi di laboratorio, oltre gli stilemi di nomenclatura.

Ancora: la vivacità di Giusti come relatore ai convegni, il suo vigore come polemista.  Con garbo, spesso con ironia; con una specie di fiduciosa allegria, sferzante ma tollerante, con l"invito a guardare in faccia le cose, a superare  riserve e prudenze imparruccate. Senza genuflessioni dinanzi all"Accademia o alla stessa Cassazione o comunque all"autorità in quanto tale.

La generosità collaborativa ancora:   la disponibilità a darmi una mano ogni volta che glielo chiedevo (una volta al trimestre!), si trattasse di un indice da distillare, di un buco nel Commentario da riempire. Mai come risposta "Stavolta non posso, non ho tempo, mi dispiace", sempre invece: "Ho capito, si può fare, questo potrei scriverlo io, qua sento magari  in giro, qualcuno troveremo, si risolve". E così finiva sempre in effetti.

Al di là del piano professionale, editoriale? Anche qui qualcosa avrei da dire.

Ciò che ho sempre percepito in lui è il dato di una grande sensibilità umana: la propensione di Giusti a cogliere al volo i margini di vulnerabilità nel suo prossimo, la mano leggera,  delicata, l"indulgenza nel fronteggiare ogni passaggio difficile.

Lui personalmente? Intelligenza, ho detto, certo con risvolti di fragilità, di diffusa inquietudine, probabilmente con qualche filo di ingenuità, di sprovvedutezza. Per quel che posso dire (che è senza peccato scagli la prima pietra) un forte senso del bene e del male; la passione per le cose ben fatte, il disinteresse, il coraggio di andare controcorrente, di sfidare privilegi e malumori interessati.

Una riprova?   L"impegno profuso, anno dopo anno, nel far uscire l"universo delle esecuzioni immobiliari calabresi (come giudici locali mi hanno confermato) dalle secche della paralisi e dalle decennali inefficienze.

Più di tutto comunque: l"amore di Giusti per la sua famiglia, l"eleganza del cuore, il forte senso dell"appartenenza al focolare domestico. Il pensiero costantemente ai figli, il rispetto e la comprensione per ogni congiunto, anche nei momenti meno facili; la voglia di restare e ritornare insieme, di rappattumare  al più presto ogni scollatura, di uscire sorridendo dal buio.

Ecco perché il mio augurio non può che essere oggi di un certo tipo.




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