-  Santuari Alceste  -  16/05/2015

I SERVIZI PUBBLICI LOCALI E LE SOCIETA PUBBLICHE: QUALE PROSPETTIVA? – Alceste SANTUARI

I servizi pubblici locali sono endemicamente ed eccessivamente regolati

Il legislatore nazionale ha impresso una stretta, ancorché indiretta, sulla costituzione di nuove società pubbliche

Il processo di razionalizzazione, infatti, stabilisce la riduzione del numero delle società come obiettivo da realizzarsi da parte degli enti locali

 

L"art. 1, comma 611, della legge di stabilità 2015 intende traguardare un duplice obiettivo: da un lato, ridurre i costi e, dall"altro, il numero delle società in mano pubblica.

E" noto a tutti che, negli ultimi decenni, gli enti locali hanno privilegiato il ricorso a società partecipate o controllate per erogare servizi di interesse generale e, per vero, anche molti servizi strumentali. Questi ultimi, in particolare, hanno finito, in alcuni casi, per creare non poca confusione sulla capacità degli enti locali di ricorrere a "proprie" società per l"erogazione di servizi di natura economica.

Ora, il piano di razionalizzazione costituisce un ulteriore (ennesimo) tentativo da parte del legislatore di porre un freno alla proliferazione delle società pubbliche. Esso, tuttavia, rappresenta un provvedimento avulso da una riforma organica del settore dei servizi pubblici locali, che sembra aver trovato ospitalità nel ddl Madia di riforma della P.A.

E" bene infatti ricordare che mentre da un lato la legge di Stabilità (piano di razionalizzazione) spinge verso una razionalizzazione delle società partecipate, la legge di stabilità 2014 (art. 1, commi 561 e 562) ha ripristinato la capacità generale di diritto privato degli enti locali in ambito societario. E questa capacità ricomprende anche la facoltà (peraltro riconosciuta anche dall"ordinamento eurounitario) di costituire società di capitali e di possedere partecipazioni societarie. Ovviamente, ciò fatto salvo il rispetto dei vincoli di legge tra cui, in particolare, si rammentano gli obblighi di ricognizione previsti dall"art. 3, commi 27 e segg. della l. 244/2007, nonché dall"art. 1, comma 611, della l. 190/2014.

Nell"ambito dell"attività delle società pubbliche, sia il legislatore sia la giurisprudenza contabile stigmatizzano le gestioni in perdita ovvero diseconomiche. A riguardo di queste circostanze, gli enti locali sono chiamati non soltanto ad esercitare una più stringente supervisione sui risultati conseguiti, ma altresì a valutare alternative giuridico-organizzative efficaci per garantire i servizi ai propri cittadini.

Se si pone mente alle ultime decisioni della Corte dei conti (si vedano i contributi in argomento pubblicati su questo sito), si può evincere che gli enti locali debbono agire con elevata prudenza nel deliberare la costituzione di nuove società partecipate e/o nuovi affidamenti in house. I comuni sono dunque obbligati ad operare scelte sostenute da accurate valutazioni e suscettibili di produrre un reale valore aggiunto sia per le "casse" pubbliche sia, e forse più importante, per i cittadini.




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