-  Farina Massimo  -  18/06/2008

IL CONTRASSEGNO SIAE: INTERVENTO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE - Massimo Farina

Con una Sentenza dell’8 novembre 2007, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha dichiarato l’inapplicabilità al privato dell’obbligo del contrassegno SIAE per i supporti contenenti programmi per elaboratore o multimediali, suoni, voci o immagini in movimento, “destinati ad essere posti comunque in commercio o ceduti in uso a qualunque titolo a fine di lucro” (art. 181 bis, l. n. 633/1941). 
La violazione del suddetto obbligo è punita, secondo la previsione dell’art. 171 ter, lett. d), l. n. 633/1941, “con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinque a trenta milioni di lire”. Una disposizione, quest’ultima, modificata ad opera dell’art. 14, legge n. 248/2000, che considera la mancanza del contrassegno in parola quale elemento essenziale tipico del reato. 

Nella sentenza in commento, meglio nota come “Schwibbert” (dal cognome del soggetto coinvolto), la Corte di Giustizia europea ha esaminato un aspetto di fondamentale importanza, riguardante l’introduzione di “regole tecniche” negli ordinamenti interni. Sul punto, gli artt. 8 e 9 della direttiva europea 98/34 (che ha codificato, e pertanto abrogato, la direttiva 83/189/CEE) impongono agli Stati membri, di comunicare alla Commissione delle Comunità europee i progetti di regole tecniche che rientrano nell’ambito di applicazione della medesima direttiva e, nel contempo, di rinviare l’adozione di tali progetti al fine di consentire, alla medesima Commissione, di verificarne la conformità e la compatibilità con il diritto comunitario e, soprattutto, con il principio di libera circolazione delle merci
È necessario chiarire, peraltro, cosa debba intendersi per regola tecnica: essa è definita, all’art. 1, primo comma, punto 11,) della direttiva europea 98/34, come il requisito di un prodotto “la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la commercializzazione […]” dello stesso. 

In base a tale definizione, il contrassegno SIAE può certamente essere ricondotto nel novero delle regole tecniche come sopra definite. Regole, per l’introduzione delle quali, è necessario che lo Stato membro rispetti la procedura di notificazione verso la Commissione. Il mancato adempimento, dell’obbligo di comunicazione, da parte dello stato membro, costituisce un vizio procedurale nell’adozione delle regole tecniche di cui è causa e comporta l’inapplicabilità di queste ultime ai privati.
Per il caso “Schwibbert”, i supporti coinvolti erano CD-ROM contenenti opere d’arte figurativa, per i quali l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE è stato introdotto nel 1994 con il decreto legislativo n. 685. Il periodo di introduzione della regola tecnica del caso di specie è successivo alla direttiva 83/189, ragion per cui la Repubblica Italiana avrebbe dovuto notificarne l’introduzione alla Commissione Europea. 

A propria difesa, la Società Italiana degli Autori ed Editori ed il governo italiano hanno affermato che l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE ai supporti contenenti opere dell’ingegno era già previsto nella legge 633 del 1941 per i supporti cartacei, e che le modifiche legislative in materia (rispettivamente del 1987 e del 1994) non sono altro che la necessaria conseguenza dell’adeguamento al progresso tecnologico; in altri termini, si tratterebbe di mere estensioni, anche per i nuovi supporti contenenti opere dell’ingegno, di obblighi, già da tempo (rectius, prima del 1983), imposti al privato. Per tale motivo, non è stato necessario notificarne l’introduzione alla Commissione.
La giustificazione addotta dalle autorità italiane non tiene conto, però, di quanto contenuto al n. 1, terzo comma, dell’art. 8 della direttiva 98/34, il quale dispone che gli “Stati membri procedono ad una nuova comunicazione […] qualora essi apportino al progetto di regola tecnica modifiche importanti che ne alterino il campo di applicazione […]”. Ebbene, secondo l’orientamento della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, le novelle degli anni ’80 e ’90, che hanno esteso l’obbligo di apposizione del bollino SIAE ai CD-rom, sono senz’altro modifiche importanti, se non altro per le modalità di applicazione e per le caratteristiche intrinseche dei contrassegni medesimi. 

La decisione della Corte Lussemburghese ha già avuto i primi effetti nella giurisprudenza italiana. La Suprema Corte di Cassazione, infatti, si è pronunciata, in senso conforme, nello scorso mese di aprile, con le sentenze nn. 13810/2008, 13816/2008 e 13853/2008. 

Può, pertanto concludersi che il possesso e la commercializzazione di materiale audio e audiovisivo privo del bollino SIAE non costituisce più reato, in quanto, l’inopponibilità al privato dell’obbligo di apporre il suddetto contrassegno, fa venir meno un elemento essenziale della fattispecie penale. L’insussistenza del fatto tipico è invocabile in tutte le ipotesi nelle quali l’obbligo di apposizione del contrassegno sia entrato nell'ordinamento per effetto di una disposizione di legge posteriore alla direttiva 83/189/CEE.
Da un punto di vista meramente civilistico può, invece, ipotizzarsi, quale conseguenza dell’inopponibilità al privato dell’obbligo di apporre il contrassegno SIAE, la ripetibilità delle somme pagate e non dovute.




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