-  Santuari Alceste  -  02/03/2012

IMU E NON PROFIT: FAVORIAMO LE FINALITA' SOLIDARISTICHE - Alceste SANTUARI

Il sito Persona e Danno si è spesso occupato della tematica riguardante il settore non profit. Ora, in questi mesi e giorni, suo malgrado, verrebbe da dire il variegato universo delle organizzazioni senza scopo di lucro, sta vivendo una "stagione" di rinnovato interesse, da un lato e, dall"altro, di pregiudizi, diffidenze, ritrosie, prese di posizioni (qualcuno addirittura ha affermato che  stiamo assistendo ad un ritorno di posizioni giacobine) che spesso non danno ragione di un fenomeno che la Costituzione (artt. 2, 18, 38 e 118 solo per citare alcuni articoli) pienamente riconosce e valorizza.

Chiusura dell"Agenzia per il Terzo Settore, con assorbimento delle funzioni da essa svolte nel Ministero del Welfare, inasprimento dei controlli sulle ONLUS da parte dell"Agenzia delle Entrate, IMU sì / IMU no costituiscono tutti elementi che richiederebbero di essere affrontati all"interno di una cornice unitaria.

Di seguito, per brevità, tentiamo di approfondire il tema delle agevolazioni fiscali a favore del mondo non profit.

In Italia, manca una identificazione unitaria tra scopi (socialmente meritevoli di tutela) perseguiti dalle organizzazioni non profit e agevolazioni fiscali. Le agevolazioni esistono sì, ma quali riconoscimenti delle attività svolte in sé e non in quanto espressione ed epifenomeno delle finalità perseguite.

Ed è proprio questo il punto cruciale che merita e deve essere dibattuto, affrontato e risolto, se davvero si vuole promuovere una welfare society fondata sul principio di sussidiarietà. In questa riflessione deve poterci stare la considerazione attenta sulle modalità più opportune ed efficaci di considerare le attività commerciali realizzate dagli enti non profit. Su questo punto, sarebbe auspicabile una dose inferiore di generalizzazione e di "tifo partisan", come ha giustamente osservato il Presidente Monti nel suo intervento in Commissione al Senato. Monti ha ancorato la previsione di agevolazioni fiscali al fatto che le attività debbono essere senza scopo di lucro e che l"attività sia rivolta al perseguimento di finalità di interesse generale.

E infatti il dato fattuale da cui partire è la finalità perseguita che, se meritevole di tutela giuridica in quanto di pubblica utilità, deve poter essere valorizzata e sostenuta attraverso forme di incentivazione ovvero di sostegno anche di natura fiscale. Se l"attività perseguita dalle organizzazioni non profit in senso lato si configura quale attività imprenditoriale (e quindi commerciale secondo i parametri tributari), in quanto si rivolge ad un mercato pagante, al pari di quello che potrebbe realizzare una impresa tradizionale, allora è necessario valutare la "funzionalità" di tale attività allo scopo di pubblica utilità perseguito. Non occorre scomodare comparazioni circa i costi inferiori che l"azione delle organizzazioni non profit è in grado di assicurare rispetto agli interventi diretti delle istituzioni statali (comparazione peraltro talvolta fuorviante in quanto perpetua la contrapposizione tra Stato e società civile) per affrontare l"apporto delle organizzazioni senza scopo di lucro. Si tratta di difendere le finalità di pubblica utilità perseguite dalle organizzazioni non profit e, quindi, stabilire le giuste connessioni tra attività svolte e quelle finalità. In secondo luogo, in un contesto moderno, aperto, europeo e competitivo, poi, serve apprezzare lo svolgimento da parte delle organizzazioni non profit di attività imprenditoriali e commerciali (in questo senso, abbiamo già un esempio positivo nella disciplina dell"impresa sociale).

In un simile contesto, sembra essere ancora di attualità quanto contenuto nella circolare del Ministro degli Interni Peruzzi datata 23 dicembre 1862 (anno in cui venne approvata in Italia la prima "Grande Legge" sulle Opere Pie): "Io so bene che per vetustà e per ricchezza le nostre Opere Pie nulla hanno da invidiare alle più civili nazioni, se pure non siano loro al di sopra. So che molte delle nostre Opere Pie sono state esempio per modelli stranieri e che non risentono di modificazioni urgenti. Credo poi di asserire che dovunque, dopo la caduta del dominio clericale, i singoli governi prima dello sviluppo del regime costituzionale, avevano esercitato larga influenza nelle Opere Pie, tanto da considerarle come loro dipendenti al pari quasi di ogni altro pubblico ufficio. Male si opporrebbe chi credesse nella nuova legge  di trovare tracciato l"ordinamento da imporsi ad ogni singolo ramo delle beneficenza, ovvero i modi diretti per far prosperare le Opere Pie o per isradicare gli abusi che vi fossero introdotti[...] Tale non può essere una legge fondamentale organica della beneficenza, la quale mira ad uno scopo più elevato e conforme ai dettati della libertà: cioè quello di sottrarre le Opere Pie dall"intemperante influenza governativa e dal vassallaggio verso altri poteri ed ordini sociali cui non erano state originariamente soggette, per condurle sotto al regime dei loro amministratori ed alla tutela di quelle autorità provinciali e comunali che, bensì al Governo, ma in molti rapporti compiutamente autonome, emanano per elezioni periodica dal grembo della popolazione, ne studiano i bisogni e debbono sapere come provvedervi".

 




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