-  Antonio Arseni  -  02/02/2017

L'autotutela del conduttore in caso di vizi dell'immobile locato.La ipotesi della autoriduzione del canone di locazione (Cass.27.09.2016 n.18987)- Antonio Arseni.

La sospensione totale o parziale del pagamento del canone di locazione da parte del conduttore è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede. Tale ipotesi ricorre quando venga a mancare totalmente o parzialmente la controprestazione del locatore come ad esempio quando in conseguenza della esistenza di vizi dell'immobile lo stesso si presenta in tutto od in parte inutilizzato. In caso contrario, detta sospensione non sarebbe lecita costituendo altrimenti una alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio fra le prestazioni delle parti. Quindi, in presenza di vizi che diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità del bene all'uso pattuito, il conduttore può chiedere, in alternativa della risoluzione contrattuale, la riduzione del corrispettivo, proponendo domanda alla Autorità Giudiziaria, dovendosi escludere il diritto dello stesso di autoridursi il canone di locazione in attesa dell'accertamento giudiziale sulla fondatezza della richiesta stessa.

Per autotutela si intende, come è noto, quella forma di reazione da parte del soggetto privato ad un altrui fatto illecito, di natura extracontrattuale o contrattuale, ed in ogni caso ad un fatto idoneo a produrre una lesione di un interesse giuridicamente rilevante in capo a colui che pone in essere la suddetta reazione.

La regola generale in materia è quella secondo cui il soggetto, il quale veda la propria sfera giuridica minacciata o lesa da un comportamento altrui, "non può farsi giustizia da sé" perché una tale condotta è vietata non solo dall'Ordinamento penale, che punisce l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza alle persone e cose (artt. 392 e 393 CP), ma anche da quello civile che segnatamente nell'art. 2907 Cod.Civ. prescrive che alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'Autorità Giudiziaria su domanda di parte e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del Pubblico Ministero o d'ufficio.

Vi sono casi eccezionali, purtuttavia, in cui è consentito al soggetto di agire in autotutela che, in quanto tali, sono stabiliti tassativamente dalla legge e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica.

Essi, dunque, costituiscono una deroga al ricordato principio previsto dall'art. 2907. Cod. Civ.

Concentrando la nostra attenzione sulla c.d. autotutela unilaterale, da distinguersi da quella convenzionale basata sull'accordo preventivamente raggiunto tra le parti di un rapporto giuridico (come ad esempio nell'arbitrato), oltre ai casi evidenti della legittima difesa (art. 2044 CC) e dello stato di necessità (art. 2045 CC), i più importanti, per citarne solo alcuni, sono rappresentati dal diritto di alienazione delle quote del socio moroso (art. 2466 CC), ed ancora, dal diritto riservato al mandatario di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha concluso, con precedenza sul mandante e sui creditori di questo (art. 1721 CC), oppure dal diritto di ritenzione del possessore di buona fede (art. 1152 CC), con riguardo alla vendita con patto di riscatto (art. 1502 CC) o nella ipotesi della riparazione di un auto da parte dell'officina meccanica, all'uopo autorizzata, che può trattenere l'auto stessa (con obbligo di custodia secondo legge) fino al pagamento del relativo prezzo (art. 2756 CC).

Nell'ambito della c.d. autotutela, una particolare attenzione va riservata all'eccezione di inadempimento ex art. 1460 CC, spesso utilizzata dal conduttore, per quanto qui interessa, attraverso la sospensione del pagamento del canone o nella sua autoriduzione in presenza di vizi dell'immobile locato, soprattutto - come avviene nella pratica forense - di infiltrazioni od umidità (muffe o quant'altro) dell'appartamento non eliminati dal locatore.

In tali ipotesi si assiste frequentemente al fatto che quest'ultimo, a fronte dell'inadempimento del proprio inquilino, intimi sfratto per morosità, opposto dal medesimo sulla base del principio inademlenti non est adimplendum, ricavabile proprio dall'art. 1460 CC, per cui uno dei contraenti ha la possibilità di rifiutare l'esatto adempimento della propria prestazione se l'altro non adempia o non offre di adempiere contemporaneamente la propria.

Ed è proprio attraverso l'exceptio non adimpleti contractus , applicabile anche in materia di locazione, che spesso il conduttore reagisce al comportamento assolutamente inadempiente del locatore, attuando quella autotutela di cui si è detto a protezione della propria sfera giuridica.

Ora si tratta di vedere quali siano le condizioni affinché una tale eccezione possa essere meritevole di considerazione nel caso concreto, rendendo legittima la sospensione del pagamento del canone o la sua autoriduzione senza il ricorso preventivo al Giudice competente.

Mette conto di rilevare, a tal riguardo, come l'applicazione della regola dell'autotutela al rapporto locatizio risulti peculiare perché la locazione, a differenza di altre figure contrattuali a prestazioni corrispettive, è caratterizzata dal godimento dell'immobile, integrante la prestazione del locatore laddove quella del conduttore è rappresentata principalmente dal pagamento del canone.

Ragion per cui il conduttore non può astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente nel caso in cui si verifichi una riduzione o diminuzione del godimento del bene ed, a maggior ragione, nel caso in cui questi eccepisca la presenza di vizi nell'immobile che non giustifica di per sé la sospensione del pagamento del canone, infatti ammessa solo in caso di mancato godimento della cosa locata (v. Tribunale di Modena 15/10/2010 n° 1426 in Red. Giuffrè 2010).

E ciò anche quando si assume che detto godimento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione infatti, è legittima unicamente nell'ipotesi in cui venga integralmente a mancare la controprestazione da parte del locatore, ovvero laddove i vizi della res locata comportino un impedimento concreto e totale al godimento del bene locato da parte del conduttore.

Al riguardo l'art. 1578 CC prevede che, a fronte dei vizi che diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità del bene locato a servire all'uso pattuito, il conduttore può richiedere, in alternativa alla risoluzione del contratto, la riduzione del corrispettivo proponendo domanda all'Autorità Giudiziaria, così dovendosi escludere implicitamente il diritto dello stesso di autoridursi il canone in attesa dello accertamento giudiziale sulla fondatezza della domanda.

Diversamente opinandosi, infatti, la sospensione totale o parziale del pagamento del canone, costituirebbe un fatto arbitrario configurandosi una chiara alterazione del sinallagma contrattuale che produce uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Sul punto la giurisprudenza è oltremodo consolidata, citandosi, ex multis, Cass. 13/07/2005 n° 14739; Cass. 08/10/2008 n° 24799; Cass. 23/06/2011 n° 13887; Cass. 29/01/2013 n° 2099; Cass. 17/12/2014 n° 26540; Cass. 26/01/2015 n° 1317.

Da ultimo, sulla questione è intervenuta nuovamente la Corte Regolatrice con la decisione 27/09/2016 n° 18987, molto esplicita nell'affermare i suddetti principi ribadendo, dunque, che non sarebbe lecito predicare la legittimità della sospensione, parziale o totale, del pagamento del canone, laddove non venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti e per l'appunto una alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio fra le prestazioni delle parti.

D'altra parte, è stato chiarito dalla stessa Cassazione con la decisione 10/01/2008 n° 261, che la sospensione della controprestazione del conduttore è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede, come nell'ipotesi di sospensione circoscritta alla sola durata della inutilizzabilità dell'immobile locato.

Insomma, è chiaro che il conduttore non può sospendere totalmente o parzialmente il pagamento del canone finché gode del bene, potendo la alterazione del sinallagma contrattuale a suo sfavore essere accertata dal Giudice in apposito giudizio, il quale stabilirà, sulla base della circostanza del caso concreto, se e in quale misura il canone debba essere ridotto.

Ed invero, spetta al Giudice (ed è necessario che questo lo faccia) comparare la prestazione principale del locatore, di dare e garantire il godimento dell'immobile, con quella del conduttore di pagare il canone, al fine di valutare se il mancato pagamento del corrispettivo trovi giustificazione nell'inadempimento della controprestazione.

La valutazione sarà rivolta a verificare se l'inadempimento abbia grave o scarsa importanza in relazione all'interesse dell'altra parte. In tale contesto, il rifiuto del conduttore di pagare il canone dovrà essere considerato non in buona fede nel caso in cui l'inadempimento dell'altra parte sia di scarsa importanza. Non è ammesso, in pratica, che il conduttore possa farsi giustizia da sé, come già detto.

Dunque, fino a quando il Giudice non abbia effettuato detta comparazione, il conduttore è tenuto al pagamento del corrispettivo convenuto potendo, in difetto, essere destinatario di sfratto per morosità, comportante la risoluzione contrattuale.

È evidente che detta sospensione sarebbe invece legittimamente opponibile laddove manchi completamente la prestazione del locatore, ossia nei casi in cui la res locata è obiettivamente inutilizzata.

Su tale conclusione è attestata graniticamente anche la giurisprudenza di merito citandosi, a titolo esemplificativo, Tribunale di Milano 09/11/2016 n° 12427, Tribunale di Milano 11/02/2014 n° 200, Tribunale di Milano 01/02/2013 n° 1536, Tribunale di Milano 07/06/2013 n° 8104, Tribunale di Salerno 04/10/2016 n° 4407, Tribunale di Salerno 12/01/2015 n° 104, Tribunale di Salerno 06/03/2013 n° 615 , Tribunale di Salerno 22/10/2012 n° 2207; Tribunale di Bari 17/06/2015 n° 2734; Tribunale di Pisa 02/11/2016 n. 1340 , Tribunale di Palermo 21/09/2016 n° 4561, Tribunale di Monza 03/11/2015 n° 2705, tutte in Redazione Giuffrè-anni corrispondenti.

Va precisato che i suesposti principi non valgono soltanto nel caso della sospensione parziale o totale del pagamento del canone, nella ipotesi della presenza di vizi del bene locato, ma anche, a maggior ragione, laddove giustificata dalla pretesa sussistenza di un controcredito, vantato dal conduttore e derivatogli dalla esecuzione di lavori urgenti spettanti al locatore (ex art. 1577, co. 2 CC). In questo senso, vedasi Cass. 26.09.1997 n. 9465, Cass. 19.11.2013 n. 25899.

I casi più frequenti trattati nelle aule di giustizia sono quelli in cui il locatore, intimato sfratto per morosità al proprio conduttore, si vede eccepire da quest'ultimo l'esistenza di infiltrazioni d'acqua o la presenza di umidità nell'immobile, giustificando così il proprio inadempimento. Negli specifici casi, la giurisprudenza, applicando i principi suddetti, ha potuto ribadire l'irrilevanza della eccezione ex art. 1460 Cod. Civ. considerato che in qui casi concreti l'immobile era pacificamente utilizzato dal conduttore e che comunque i vizi comportavano meri disagi o limitazioni di scarsa importanza. Si segnalano, a tal riguardo, a titolo esemplificativo, Cass. 18/04/2001 n° 5682; Cass. 26/01/2015 n° 1317 e, nella giurisprudenza di merito, solo per riferirci alle decisioni del 2016, Tribunale di Cassino 21/06/2016 n° 849; Tribunale di Milano 14/09/2016 n° 10124 , Tribunale di Milano 09/11/2016 n° 22; Tribunale di Frosinone 12/07/2016 n° 810; Corte di Appello di Milano 03/02/2016 n° 180 (tutte in Redazione Giuffrè - corrispondenti anni).




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