-  Santuari Alceste  -  02/04/2012

NON PROFIT: MANTENERE LE DIVERSITA' ORGANIZZATIVE - Alceste SANTUARI

Non profit: mantenere le diversità organizzative.

Alceste Santuari

Nel corso dei recenti Stati Generali del Welfare Trentino, molte organizzazioni non profit hanno condiviso un documento che contiene i "DIECI PASSI PER UN WELFARE NUOVO E PARTECIPATO". La diversità di approccio (ideale o organizzativo), le differenze territoriali o ancora le diverse modalità di erogazione dei servizi non hanno impedito e non impediscono in Trentino, come in molte parti di Italia, all"universo non profit di trovare una sintesi e di proporla.

La Provincia di Trento – ma lo stesso si potrebbe affermare per altre regioni italiane - é storicamente definita da un contesto di welfare, anche normativo (leggi n. 14/91, n. 35/83, l. 13/07 e la recente l. 1/11), in cui le finalità e gli obiettivi perseguiti dal settore non profit sono (sempre) ritenuti meritevoli di tutela. Scopi di rilevanza pubblica "innestati su" iniziative che scaturiscono dalla società civile, che si sceglie le forme gestionali ed organizzative più adeguate per rispondere alla loro mission sociale.

Le normative regionali e la prassi consolidata maturata in questi ultimi due decenni contemplano molto spesso l"avvalimento delle organizzazioni non profit da parte degli enti pubblici. Occorre, al riguardo, tuttavia, essere chiari su che cosa si intende per avvalimento, poiché si corre il rischio di considerare gli enti non lucrativi quale "soluzione tampone" alle inefficienze o impossibilità di intervento dell"ente pubblico. Parimenti, deve essere posta molta attenzione al rischio di impiegare modelli e strumenti (tipici di un settore, quello sanitario) che non necessariamente possono trovare applicazione per il comparto socio-assistenziale, ancorché l"integrazione socio-sanitaria sia sempre più un"evidenza ed una necessità.

Il principio di sussidiarietà contempla un ente pubblico impegnato a regolare e rafforzare i comportamenti virtuosi dei cittadini, intervenendo per garantire i diritti essenziali delle prestazioni, laddove, in particolare, non vi siano condizioni sufficienti di risposta da parte dei soggetti non profit. In questo contesto, cooperative sociali, associazioni e fondazioni sono impegnati a trovare nuove formule e idee per rispondere ai crescenti bisogni delle persone più deboli e a rischio povertà. Ciò presuppone tuttavia il profondo rispetto delle specifiche modalità gestionali, giuridiche ed organizzative che caratterizzano l"agire non profit. Agli enti senza scopo di lucro non debbono essere applicati modelli che non sono loro propri. In particolare, il mondo non profit non strutturato in forma imprenditoriale (associazionismo di volontariato) chiede di poter essere riconosciuto come tale e sostenuto. In questa logica, inoltre, particolare attenzione va riservata alle diversità esistenti tra associazioni non strutturate basate solo sull"apporto del volontariato e organismi strutturati in cui operano volontari e dipendenti. Le due modalità organizzative possono e devono cooperare tra loro, ma hanno sicuramente necessità di regole di riferimento specifiche.

 

E", dunque, maturo il tempo per definire, anche innovando quelli già esistenti, strumenti di supporto e di servizio che abbiano come scopo quello di far crescere e aiutare quanti ancora oggi decidono di dedicare le loro energie alla costruzione di legami solidali, contribuendo così a migliorare la coesione sociale. Dovrebbe essere questo uno spunto di lavoro nell"anno (2012) dedicato dall"Unione Europea all"invecchiamento attivo: è indubbio che il settore dei servizi agli anziani e alla terza età richieda oggi – molto più che in passato – di trovare soluzioni giuridico-organizzative e gestionali capaci di far interagire, da un lato, i diversi attori impegnati nell"erogazione dei servizi e, dall"altro, di contemplare public policies che sappiano interpretare i nuovi bisogni e siano in grado di sostenere e coordinare gli interventi che si rendono necessari.




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