-  D'Ambrosio Mary  -  23/06/2014

PROPOSTA IRREVOCABILE DI VENDITA: SE MANCA IL TERMINE DI IRREVOCABILITA'? - Cass. civ. 13776/14 - Mary d'AMBROSIO

Nel nostro ordinamento non sono ammessi impegni irrevocabili a vendere che abbiano durata indeterminata, poichè essi si risolvono in una limitazione del potere di alienazione e in definitiva in una restrizione del principio di libera circolazione dei beni.

Tanto stabilisce la Corte di Cassazione con sentenza n. 13776 del 17/06/2014.

Il fatto sinteticamente.

Deceduto S. G.B., le due figlie e la moglie di questi citavano in giudizio la sig.ra S.E. chiedendo accertarsi nei suoi confronti la propria qualità di eredi del defunto. In  conseguenza di tale accertamento chiedevano la restituzione dei beni di proprietà del de cuius costituiti dalla quota del 50% di un fondo, e dell"immobile ivi edificato, in comproprietà per l"altro 50% con la convenuta S.E.

La convenuta eccepiva l"avvenuto acquisto della quota indivisa di proprietà del de cuius producendo in giudizio una dichiarazione sottoscritta dal medesimo con la quale questi si impegnava a trasferire la proprietà dei beni alla S.E. dichiarando d"aver già ricevuto il relativo prezzo.

Le istanze attoree venivano accolte in primo e in secondo grado. In particolare la Corte d"Appello di Palermo dichiarava la inefficacia della dichiarazione sottoscritta dal de cuius in quanto non era stata seguita da alcuna accettazione scritta della parte acquirente. Inoltre la ricognizione di debito appariva generica e non idonea a provare la situazione debitoria.

Ricorrendo in Cassazione la S.E. faceva presente che la proposta di vendita doveva considerarsi accettata in quanto nessun termine di irrevocabilità era stato fissato nella dichiarazione, che il dante causa aveva comunque manifestato la propria volontà di mantenere ferma la proposta anche dopo la propria morte e che l"accettazione, non richiedendo requisiti particolari, poteva essere contenuto dall"atto giudiziale con cui la convenuta dichiarava di volersi avvalere della proposta di vendita.

Molto dibattuti in dottrina sono gli effetti della mancanza del termine di irrevocabilità sulla proposta contrattuale.

Una parte della dottrina aderisce alla tesi secondo cui la mancanza del termine di irrevocabilità può essere colmata dalle regole valevoli per la proposta in generale ex art. 1326 c.c. potendo così determinare il detto termine, in via ordinaria, secondo la natura dell"affare o secondo gli usi. I fautori di questo orientamento ritengono che la natura giuridica della proposta resti immutata di fronte alla clausola di irrevocabilità ammettendo, quindi, l"applicazione della relativa disciplina. Si potrebbe obiettare che in tal modo si rischia di creare una commistione tra termine di efficacia della proposta e termine di irrevocabilità della proposta, i quali attengono a profili diversi: per usare l"esempio di Gazzoni il proponente potrebbe distinguerli applicando un termine di efficacia di due mesi (entro cui è possibile accettare) e un termine di irrevocabilità di un mese (entro cui la proposta rimane ferma) oltre il quale la proposta potrà ancora essere accettata (per il mese rimanente) ma risulta revocabile.

Altra tesi ritiene praticabile la strada della fissazione giudiziale del termine richiamando l"art. 1183 c.c. ovvero l"art. 1331 c.c. I fautori di questo orientamento ritengono che i principi sanciti dagli articoli citati abbiano carattere generale consentendone l"applicazione ad altre ipotesi. I detrattori obiettano che l"art. 1183 c.c. attiene alla fase della esecuzione della prestazione presupponendo già in essere l"obbligazione da eseguire, mentre nel caso di proposta irrevocabile ci si colloca in una fase in cui una obbligazione da adempiere non è ancora nata. Inoltre, ad avviso di autorevoli autori, poco agibile appare il ricorso al giudice in termini di economia dell"affare.

Infine altra parte della dottrina ritiene essenziale l"apposizione del termine alla clausola di irrevocabilità convertendo di conseguenza in proposta semplice l"atto che ne sia privo.

A questa linea interpretativa ha aderito la Corte di Cassazione con SS.UU. 2103/75 stabilendo che Il termine entro il quale il proponente si obbliga a mantenere ferma la proposta, ai sensi dell'art. 1329, comma 1, c.c., costituendo elemento essenziale della proposta irrevocabile, deve essere fissato dallo stesso proponente: in mancanza di tale predeterminazione, la proposta, dovendo considerarsi pura e semplice, è revocabile, a norma dell'art. 1328, comma 1, c.c., finché il contratto non sia concluso. Né, per mantenere il carattere irrevocabile della proposta, può farsi ricorso ad altri meccanismi di determinazione del termine predisposti nel codice civile, e in particolare: a) non, per analogia, a quello dell'art. 1183 c.c., che, regolando il tempo dell'adempimento, ha riguardo non già alla formazione della fonte dell'obbligazione (il contratto), ma alla sua esecuzione; b) non a quello dell'art. 1331 cpv. c.c., non richiamabile analogicamente, stante il suo carattere di eccezione al principio generale di revocabilità della proposta (art. 1328) e stante la differente natura dell'opzione (contratto) e della proposta (atto prenegoziale unilaterale); c) non a quello dell'art. 1326 cpv. c.c. che, parlando di "termine ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi" e riferendosi all'accettazione, concerne l'oblato e non il proponente.

La pronuncia in commento conferma questo orientamento precisando che, ai sensi del 1329 c.c., l"erede rimane vincolato alla proposta contrattuale irrevocabile solo quando ne sia stata fissata l"irrevocabilità.

E nel caso di specie tanto non era stato fatto.




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