-  Marcella Ferrari  -  30/07/2016

Usufrutto e locazione: il contratto si trasmette agli eredi dellusufruttario? - Avv. Marcella Ferrari -

Commento alla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III, 20 luglio 2016 n. 14834

A seguito della morte dell"usufruttuario-locatore, qualora il proprietario resti silente, il contratto locatizio s"intende proseguito dagli eredi del locatore ed il conduttore non può contestarne la titolarità per il solo fatto che l"usufrutto sia cessato.

In tal senso ha deciso la Suprema Corte con la pronuncia in commento.

La vicenda scaturisce da un contratto di locazione concluso tra l"usufruttuario di un immobile ed il conduttore. Alla morte del titolare del diritto di usufrutto, l"erede intimava lo sfratto per morosità all"inquilino, il quale si opponeva sostenendo che la figlia del de cuius non avesse titolo per procedere allo sfratto stante l"estinzione dell"usufrutto e la consolidazione del diritto in capo al nudo proprietario.

In particolare, la locatrice (erede dell"usufruttuario), nelle sue difese, richiama l"art. 999 c.c. che, in caso di cessazione dell"usufrutto, consente l"opponibilità della locazione al nudo proprietario; inoltre, sottolinea come il conduttore non possa sottrarsi al pagamento dei canoni quando nessun terzo abbia vantato pretese nei suoi confronti, assumendo di essere il proprietario dell"immobile.
La Suprema Corte ripercorre la consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di contratto locatizio, ribadisce la natura personale dello stesso e sottolinea come sia sufficiente che il locatore abbia la lecita disponibilità del bene per consentirne il godimento al conduttore, non essendo necessario che sia titolare di un diritto reale sulla res locata.            
Nel caso di specie, l"erede è subentrata nel contratto di locazione della madre, senza che vi sia stata alcuna opposizione da parte del nudo proprietario dell"immobile. Conseguentemente, il conduttore non può sollevare un"eccezione de iure tertii per contestarne la legittimazione.
La ricorrente aveva, infatti, la disponibilità dell"immobile ed in qualità di detentrice di fatto le era riconoscibile la piena legittimazione. In particolare, i supremi giudici sottolineano che «deve considerarsi valido e vincolante anche il contratto stipulato tra chi, acquistato il possesso (o la detenzione) sulla scorta di un valido ed efficace titolo giuridico, abbia conservato tale possesso, non opponendosi il proprietario, dopo la scadenza dell'efficacia di tale titolo».[1] Inoltre, il conduttore, citato in giudizio per la restituzione del bene locato, non può sollevare un"eccezione de iure tertii allegando la mancata legittimazione dell"attore perché privo di un diritto reale sulla res. Gli ermellini, nel richiamarsi ad un precedente analogo[2], precisano che l"estinzione del diritto di usufrutto, pur comportando l"opponibilità del contratto locatizio al proprietario (ex art. 999 c.c.) non ne determina l"automatico subentro nel rapporto, allorché questi rimanga silente ed estraneo ad esso. Al lume di ciò, il locatore non è tenuto a dimostrare la persistente titolarità del diritto reale del bene e, del pari, il conduttore non può sottrarsi all"adempimento degli obblighi nascenti dal rapporto locatizio, salvo il caso il cui il pieno proprietario abbia manifestato la volontà di subentrare nel rapporto. Ne consegue che, sino al momento in cui il titolare del diritto di proprietà non palesi l"intenzione di fare proprio il rapporto, il contratto prosegua tra i contraenti originari, stante la sua natura personale.

La Corte conclude il suo percorso delibativo elaborando il seguente principio di diritto: «silente il proprietario, la morte dell'originario usufruttuario/locatore determina la trasmissione della titolarità del rapporto di locazione agli eredi, con possibilità -per essi- di esercitare i diritti e le azioni che derivano dalla locazione e senza che il conduttore possa contestarne la legittimazione per il solo fatto che sia venuto meno il diritto di usufrutto».

Avv. Marcella Ferrari –  Avvocato del Foro di Savona



[1] In tal senso Cass. n. 8411/2006; Cass. n. 12976/2010

[2] Cass. n. 17030/2015




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