-  Soardi Marialaura  -  25/12/2012

IL REPECHAGE E IL MEDICO: PRESCRIZIONI PER IL LICENZIAMENTO - Cass. 23330/2012 - Marialaura SOARDI

Con l'intestata pronuncia, la Suprema Corte di Cassazione ha statuito sul caso di un lavoratore - nello specifico un dirigente di radiologia  - che era stato licenziato dall'ASL a seguito dell'accertata diminuita capacità lavorativa dello stesso tradottasi nella necessità, per il lavoratore, di essere esonerato  dai turni di reperibilità nonchè di essere adiuvato nella redazione dei referti medici da un collega.

Sia il Giudice di prime cure sia la Corte d'Appelo di Milano, adita in secondo grado, avevano dichiarato illegittimo l'intimato licenziamento per non aver l'ASL dimostrato l'impossibilità di assegnare il lavoratore ad altre mansioni all'interno della struttura lavorativa medesima, limitando, però, la condanna del datore di lavoro al solo pagamento dell'indennità supplementare, con esclusione, quindi, di ogni tutela reale.

Il caso è giunto, pertanto, all'esame della  Sezione Lavoro della Suprema Corte, deducendo, L'ASL, la regolarità dell'irrogato licenziamento a fronte dell'oggettiva impossibilità di adibire un dirigente radiologo a funzioni equivalenti e/o inferiori a quelle svolte e contestando, il lavoratore, la mancata applicazione della tutela reale in quanto dirigente pubblico.

 

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Gli Ermellini, con l'intestata pronuncia, confermano, in primis, l'illegittimità dell'intimato licenziamento, rilevando come la sopravvenuta inidoneità del lavoratore allo svolgimento delle proprie mansioni integri un giustificato motivo di recesso (art. 3 Legge 604/96) solo qualora sia raggiunta la prova dell'impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse, equivalenti «o anche inferiori», a quelle svolte.

Ciò rilevato, La superma Corte ha accolto il ricorso del lavoratore sancendo l'applicabilità della tutela reale di cui all'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori altresì  ai rapporti di lavoro dei dirigenti pubblici, sottolineandone l'assimilazione alla categoria impiegatizia con funzioni dirigenziali  ai sensi dell'art. 21 del D. Lgs n. 165/2001.

Trova conferma, ancora una volta, il principio che impone al datore di lavoro che intende irrogare la sanzione espulsiva più grave, l'onere di dimostarne la fondatezza e sussistenza, altresì, con la prova di non poter, diversamente, salvaguardare la posizione lavorativa attraverso un diverso mansionamento del dipendente nell'ipotesi di impossibilità, anche parziale, sopravvenuta del medesimo.




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