Cultura, società  -  Monica Castello  -  15/06/2022

Intorno a “Il mondo di Paolo Cendon”

La prima cosa che si nota di questo libro è la struttura decisamente originale, in ci narrativa e studio giuridico si mescolano. Le voci narranti del protagonista, che si racconta con il suo stile asciutto e veloce, espressione di un’esperienza di narratore consolidata, e quelle di amici, studenti e collaboratori si alternano a spiegazioni tecniche, con tanto di riferimenti a documentazione giuridica e scritti in tema, in cui si spiega il lavoro giuridico di Cendon.  Un testo molto interessante, certo non per tutti o meglio per chi voglia addentrarsi nel profondo di tematiche che tutti toccano ma che non tutti conoscono, che offre molti spunti di riflessione.

Ho conosciuto Paolo Cendon nel 1995, alla fine del mio tirocinio in studio legale senza aver conseguito l’abilitazione, in un periodo che precedeva l’attività di tecnico della politica in campo socio sanitario che avrei intrapreso l’anno dopo.

Ero molto interessata al tema dell’amministratore di sostegno perché mi ero trovata, nei rapporti con i clienti dello studio, ad affrontare sia la difesa di chi, dopo aver onestamente aiutato un amico o un vicino, veniva accusato parenti  prima assenti di aver rubato, sia il contrasto a chi voleva impadronirsi dei beni di un soggetto fragile e voleva una benedizione giuridica.

Questo insieme di cose mi ha portato, durante il mio lavoro tecnico politico, a scrivere il DDL 3491 XIII Legislatura “Istituzione dell’amministrazione di sostegno e degli uffici pubblici di tutela”, che insieme agli altri compresa la bozza Cendon ha dato vita alla legge attualmente in vigore con tra gli autori il suo primo firmatario sen. Natale Ripamonti, ed il PDL Regione Liguria “Istituzione dell’ufficio di tutela, curatela e sostegno per i soggetti incapaci di provvedere ai propri interessi” finito putroppo nel dimenticatoio.

L’amministrazione di sostegno dovrebbe essere antropocentrica, al contrario dell’interdizione che è denarocentrica, ma di fatto non è così: imporne la gratuità e favorire i familiari rispetto ad un soggetto esterno la priva dell’originaria innovatività, con il rischio di vedere preservato il patrimonio a scapito dell’individuo. La mia proposta era quella di avere degli amministratori formati, esterni alla famiglia e retribuiti con la formula del ticket, ottenendo terzietà e creando lavoro.

Per fare un esempio mi rifaccio alla mia esperienza “sul campo”: una signora che aveva scoperto di poter generare solo disabili ne fece ben sette, che volevano dire sette pensioni con assegno di mantenimento e benefits vari, giustificando con il fatto che, a suo dire, per la sua religione i disabili non hanno l’anima, diventandone ovviamente il tutore. Alcuni di loro vennero presi in carico nel centro diurno che dirigevo. Accadde che uno dei maschi violentò due sorelle: la signora cercò di far accusare l’educatore che le seguiva, bloccata da me e dai colleghi; tolse allora le ragazza dalla nostra struttura, dicendo che l’educatore era giovane e qualche anno di galera non gli avrebbe creato danno, mentre la condanna del figlio l’avrebbe privata di una fetta importante di entrate…

Ho letto che Cendon vorrebbe proporre modifiche alla legge in vigore: mi piacerebbe, glielo dico qui, che potessimo confrontare la sua visione giuridica e la mia di operatore in prima linea, magari potremmo riparare alle mancanze di una norma che sembra una variante dell’interdizione.

Un altro tema su cui ci siamo entrambi confrontati è quello della filiazione, in particolare sulla differenza tra figli legittimi e naturali da poco cancellata. Anche in questo caso avevo stilato, sempre per il sen. Ripamonti, il DDL 4481 XIII Legislatura “Modifiche al libro I, Titolo VII del codice civile, in tema di filiazione”, presentato nel 2000 ed osteggiato da molte parti perché contrario alla morale cattolica o considerato troppo rivoluzionario: anni dopo il governo Gentiloni fece la modifica senza che il DDL  venisse in alcun modo ricordato.

Un altro punto su cui mi piacerebbe confrontarmi con Paolo Cendon è la sua presa di posizione contro chi ha rifiutato il vaccino anticovid, per cui è arrivato a proporre l’amministratore di sostegno per ottenere di fatto un TSO, affermazione che cozza contro la libertà di scegliere rivendicata per lo psichiatrico, il disabile e chi chiede l’eutanasia (anche questo tema sulla cui capacità del richiedente o presunto tale avrei qualcosa da dire). Da persona che ha avuto una reazione avversa grave riconosciuta a cui è stato risposto un semplice “ci dispiace, non sappiamo che fare”, ancora oggi in lotta con essa senza neppure la possibilità certa di un risarcimento a fronte di un consenso dato in apparenza liberamente di fatto sotto ricatto, preso atto che tale pratica medica non offre alcuna sicurezza né per sé che per gli altri e stanno emergendo molti danni da essa dervati, insomma ancora una volta “dal campo”, penso avremmo molto da dirci.

Tirando le somme ritengo che questo libro potrebbe essere il punto di partenza per riavviare lo studio ed il confronto su più tematiche, anche il consenso sul fine vita va considerato su quando viene dato, preso atto che chi sta bene fa spesso affermazioni basate sulla convinzione che il loro oggetto non lo toccherà mai, e spero che ciò avvenga. Caro Paolo, il momento di tirare i remi in barca è ancora lontano…

Un libro assolutamente da leggere.

Monica Castello




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