Giustizia civile  -  Gabriele Gentilini  -  12/11/2023

La causa concreta del negozio giuridico e del contratto anche con riferimento al collegamento negoziale

Nel riprendere dal precedente articolo sul collegamento negoziale e contrattuale https://www.personaedanno.it/articolo/sul-collegamento-negoziale-in-diritto-civile-obbligazioni-e-contratti, andiamo a riapprofondire la tematica di quell'elemento essenziale del negozio giuridico che è la causa che entra in modo preponderante anche in questa tipologia di autonomia contrattuale.  Per un collegamento negoziale, per cui vale il principio simul stabunt simul cadent, occorrono due requisiti, l'uno oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica unitaria, l'altro soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore.

Viene tratto spunto dalla sentenza Tar Napoli, sez. III, 7 gennaio 2020, n. 51 a verte sul contratto di avvalimento di cui al d lgs 50/2016.

" la teoria della causa concreta della causa in concreto e la giurisprudenza della Terza sezione civile della Corte di Cassazione.

Osserva in proposito il Collegio che va fatto ricorso alla teorica della causa in concreto del contratto, elaborata dalla Terza sezione civile della corte di Cassazione, a partire dalla sentenza del 2006 numero 10490, che ha inaugurato un nuovo corso nella valutazione dell’elemento causale del contratto.

Da tempo la giurisprudenza della Corte di Cassazione ed in particolare la Terza sezione civile è giunta ad un progressivo abbandono della tradizionale teorica della causa come funzione economico sociale del contratto ,ovvero cosiddetta causa in senso astratto, per approdare ad un’interpretazione della causa come funzione economico individuale, superando una visione di carattere puramente oggettivistico.

Si è infatti rilevato che nella prospettiva dello Stato autoritario in cui vide luce il codice del 1942, la concezione pubblicistica della causa come funzione economico sociale, inserita in un’ottica tesa a controllare anche le relazioni contrattuali tra privati, identificando causa e tipo ,escludeva la possibilità di esistenza di un contratto tipico con causa illecita.

Una siffatta impostazione di stampo estremo oggettivistico ha comportato critiche sin dalla dottrina che si è sviluppata nel clima post costituzionale, ove si proponeva una maggiore attenzione alla funzione concreta della singola e specifica negoziazione.

Tuttavia, tranne alcune isolate pronunce in giurisprudenza, la consapevole e matura adesione alla teoria della causa concreta è stata inaugurata solo dopo molto tempo, e segnatamente dalla storica sentenza della Cassazione Terza sezione civile numero 10.490 del 2006, che ha ammesso la possibilità di nullità di un contratto tipico per mancanza di causa concreta. In tal sede si è affermata la nullità per difetto di causa del contratto tipico di consulenza delineato dall’articolo 2222 c.c., stipulato da un soggetto in favore di una società, attività a cui tuttavia lo stesso era tenuto in adempimento dei propri doveri di amministratore della stessa, e per la quale percepiva il relativo compenso.

La Suprema Corte ha dunque rilevato che di fatto in concreto lo scambio di quella attività di consulenza a titolo oneroso, essendovi il soggetto già tenuto ad altro titolo, era priva di causa , facendo leva proprio sulla causa intesa come “fattispecie causale concreta“, che discende da una “serrata critica della teoria della predeterminazione causale del negozio“.

Secondo la teorica fatta propria dalla corte di Cassazione la causa in concreto è “sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare (aldilà del modello, benché tipico, adoperato). Sintesi (e dunque ragioni concrete) della dinamica contrattuale, si badi e non anche della volontà delle parti. Causa dunque ancora iscritta nell’orbita della dimensione funzionale dell’atto, ma, questa volta, funzione individuale del singolo, specifico contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa dei vari tipi contrattuali, si volga al fine di cogliere l’uso che di ciascuno di essi hanno inteso con i contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale“.

Tali coordinate ermeneutiche non comportano un ritorno alla concezione soggettiva della causa, per la evidente la necessità di sottolineare l’interesse sociale che il singolo contratto intende perseguire, segnatamente l’insieme degli interessi rilevanti nel complesso dell’operazione economica, con il ripudio della causa del contratto come strumento di controllo della sua utilità sociale, facendosi invece valere la stessa quale elemento di verifica degli interessi reali che il contratto è diretto a realizzare.

A riprendere significativamente tale concetto la S.C. è intervenuta con una serie di pronunce merito alla responsabilità da vacanza rovinata (Cassazione terza sezione civile 24 luglio 2007 numero 16.315), ove si è data piena cittadinanza alla finalità nel contratto dello scopo concreto stabilendo che “la finalità turistica o “scopo di piacere “....non è un motivo irrilevante ma si sostanza nell’interesse che lo stesso è funzionalmente rivolto a soddisfare, connotandone la causa concreta e determinando perciò l’essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero“. (Fattispecie in cui è stata dichiarata la nullità di un contratto di cd. pacchetto turistico per due settimane all’estero in presenza di un’epidemia in atto nel luogo di destinazione; in tal senso altresì Cassazione sezione terza 20 dicembre 2007 n.26.958).

Ancora successivamente la Terza sezione civile (sentenza 20 marzo 2012 numero 4372) individua come essenziale l’offerta di tutte le prestazioni contenute nel pacchetto di viaggio (nella specie esaminando la possibilità di effettuare immersioni subacquee rivelatasi impraticabile durante il periodo del soggiorno del turista in quel luogo), così avendo modo di ribadire che la causa non può più essere intesa in senso astratto, svincolata dalla singola fattispecie contrattuale e si identifica nella funzione economico individuale del singolo specifico negozio.

In tal modo si è progressivamente abbandonata la teoria della causa come funzione economico sociale del contratto, con notevoli riflessi anche sui principi costituzionali che danno rilievo all’interesse concretamente perseguito dalle parti ovvero alla cosiddetta ragione pratica dell’affare, calandosi nell’attuale contesto socio economico e nella realtà delle contrattazioni tra privati, spesso tale da coinvolgere anche più generali principi di buona fede ed affidamento.

La Suprema Corte ha successivamente accolto la nozione di causa concreta anche al di là dei contratti di viaggio turistico (cfr. Cass.n. 24.769 del 2008 che ha affermato la nullità di contratto di locazione di un fondo sottoposto a vincolo di destinazione ad uso boschivo in quanto ne prevedeva l’utilizzazione in spregio al vincolo stesso e quindi un contrasto della causa concreta del contratto con le norme di legge).

Egualmente la pronuncia della Cassazione Sezioni unite n. 26.972 del 2008, intervenendo sul significativo aspetto della categoria del danno esistenziale, ha affermato che il danno non patrimoniale è risarcibile quando il contratto sia rivolto alla tutela di interessi non patrimoniali, la cui individuazione deve essere condotta accertando la causa concreta del negozio nel senso chiarito dalla storica Cassazione sezione terza n. 10.490 del 2006.

Ancora più recentemente in tema di mutuo di scopo (Cassazione sezione I ordinanza numero 26.770 del 2019), si è rilevato che l’utilizzo delle somme erogate per finalità diverse da quelle previste nel contratto (nella specie per ripianamento di pregressa esposizione anziché per l’acquisto di un immobile) comporti la deviazione della causa concreta rispetto a quella specificamente convenuta con conseguente nullità del contratto. La finalità cui l’attribuzione delle somme era preordinata entra dunque nella causa concreta del contratto, per cui l’oggettiva deviazione dallo scopo determina la carenza di causa concreta del contratto, nonostante sia stato adoperato un contratto tipico ( in termini altresì Sez. 1, n. 15929/2018 ).

Il principio è stato poi affermato dalle Sez. U, n. 22437/2018, nel contratto di assicurazione per la responsabilità civile con clausole “claims made”. Tale decisione - dopo aver premesso che il modello “claims made” si colloca ormai nell’area della tipicità legale, rifluendo nell’alveo proprio dell’esercizio dell’attività assicurativa, ha ritenuto tuttavia necessario che la clausola “on claims made basis”, con la quale il pagamento dell’indennizzo è subordinato al fatto che il sinistro venga denunciato nel periodo di efficacia del contratto, «rispetti, anzitutto, i “limiti imposti dalla legge”, secondo quella che suole definirsi “causa in concreto” del negozio».

In tal senso, hanno precisato le Sezioni Unite, l’indagine è volta ad accertare l’adeguatezza del contratto agli interessi concreti delle parti. Sul punto la sentenza osserva che l’analisi del sinallagma del contratto assicurativo costituisce un adeguato strumento per verificare se ne sia stata realizzata la funzione pratica di assicurazione dallo specifico pregiudizio, e ciò al fine non di sindacare l’equilibrio economico delle prestazioni (profilo rimesso esclusivamente all’autonomia contrattuale), ma di indagare se lo scopo pratico del negozio presenti un arbitrario squilibrio tra rischio assicurato e premio, poiché nel contratto di assicurazioni contro i danni la corrispettività si fonda su una relazione oggettiva e coerente fra rischio assicurato e premio. ".

Del che sovviene quella che era stata la teoria soggettiva che faceva coincidere la causa con le motivazioni che hanno spinto le parti alla stipulazione del contratto con una chiara sovrapposizione tra la causa e i motivi personali i quali in ogni caso non rilevano per il diritto ma rimangono nella sfera interna e psichica della parte, se non nei limiti di operatività dell’art. 1345 c.c. secondo cui  quando le parti si sono determinate a concludere un
contratto esclusivamente per un motivo illecito, comune ad entrambe, il contratto è illecito
e nullo ex art. 1418 co. 2 c.c..


La teoria oggettiva ovvero quella  della causa in astratto, identifica la stessa nella funzione economica-sociale che lo specifico tipo contrattuale, nominato, è idonea a perseguire. La causa diventa da un lato, funzione della operazione negoziale e quindi sintesi degli effetti essenziali. Pertanto ogni contratto nominato ha una sua funzione astratta economico sociale a prescindere dai motivi individuali, motivi personali che potrebbero emergere solo nel momento in cui si rendono in chiari nel negozio o nel regolamento contrattuale attraverso lo strumento della condizione.
Dall'altro, è funzione economica, in quanto il contratto dà un profitto alle parti, e sociale, atteso che ha come parametro di riferimento non l'interesse individuale, ma quello della generalità dei consociati come testimoniato dalla Relazione al Codice Civile paragrafo 613, ove si legge che "la causa è la funzione economica sociale che il diritto riconosce ai suoi fini e che sola giustifica la tutela della autonomia privata".

Importante è anche la pronuncia della Cassazione del 8 febbraio 2013 n. 3080  in cui si verteva in tema di giudizio di meritevolezza rispetto ad una intesa che la ricorrente aveva stipulato con l’ordine professionale di appartenenza che veniva infatti vagliata dai giudici alla luce del principio di tutela dell’assetto concorrenziale del mercato. 

La Cassazione ravvisa nell’intesa, raggiunta con l’ordine professionale, un contratto atipico sottoponibile, in quanto tale, al giudizio di meritevolezza. Successivamente, sottolinea l’esito negativo di questo controllo e l’immeritevolezza dell’accordo poiché in contrasto con le esigenze di effettiva realizzazione di un assetto concorrenziale di mercato e, in relazione a questo, della vendita al dettaglio di prodotti farmaceutici.

Del resto la sopra richiamata sentenza Cass. 10490/2006 afferma che "la causa quale elemento essenziale del contratto non deve essere intesa come mera ed astratta funzione economica-sociale del negozio, bensì come sintesi degli interessi reali che il contratto è diretto a realizzare, e cioè come funzione individuale del singolo, specifico contratto, a prescindere dal singolo stereotipo contrattuale astratto, fermo restando che detta sintesi deve riguardare la dinamica contrattuale e non la mera volontà delle parti". .. "la causa resta ancora iscritta nell'orbita della dimensione funzionale dell'atto, questa volta, funzione individuale del singolo specifico contratto posto in essere a prescindere dal relativo stereotipo astratto".

Il principio dell’autonomia contrattuale dev’essere infatti parametrato sui superiori valori costituzionali così come interpretati alla luce dei principi dell’ordinamento dell’Unione Europea e da quelli tratti dalla Convenzione Europea per dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino.

Sicché, la causa concreta del contratto, il suo scopo pratico, la ragione concreta dell’affare, la sintesi degli interessi che il negozio è diretto a realizzare, dev’essere letta alla luce di tali principi.
Dalla mancata corrispondenza della causa concreta ai dettami da ultimo visti deriva il rigetto della pattuizione. L’esito negativo del vaglio di meritevolezza  della causa concreta del contratto atipico, pur non incidendo sulla struttura intrinseca dell’accordo, impedisce però in radice di ricollegare ad esso qualsiasi effetto giuridico, tanto che l’accordo in parola non assurge, dal rango originario di fatto naturalisticamente inteso, a quello di atto introduttivo di effetti giuridici e resta pertanto estraneo all’ordinamento, tanto da non potere fondare alcuna pretesa, da quest’ultimo riconosciuta e coercibile dall’ordinamento stesso, in favore e tanto meno a danno ai chi ne è stato carte.

Si ha un risultato serio ed importante per cui la distinzione tra causa e tipo legale porta al fatto che la valutazione della meritevolezza sulla causa non dovrà essere più condotto sui soli contratti atipici, bensì anche su quelli tipici. 

La tematica induce in ogni caso ad ulteriori approfondimenti.




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