Cultura, società  -  Redazione P&D  -  11/03/2024

Le torri di Hanoi - Paolo Cendon

Non male la scappata a Campo dei Fiori.

Via dei Giubbonari, Ina sapeva qui di un negozietto; giochi di legno, artigianali, terza traversa a sinistra. C’era lì quello che cercava, la tavoletta coi tre pioli; cinque dischetti lignei, bucati al centro, ognuno di dimensioni diverse: dal più piccolo al più grande, impilati sul piolo di partenza.

 “Papà me l’aveva insegnato da piccola, - sorrideva, - me ne aveva anche costruito uno: si chiama le Torri di Hanoi”.

Dopo averlo comprato si era seduta con M., sul monumento di Giordano Bruno. Lì aveva spiegato com’era il gioco: spostare i dischetti dal piolo di sinistra a quello di destra, attraverso quello di centro. Nessun dischetto grande, traslocando, poteva appoggiarsi su uno di minor dimensione.

Difficile più di quello che sembrava, il professore aveva provato tre volte, invano. Ina si era fatta dare la tavoletta, in poche mosse aveva spostato i tondini; l’aveva rifatto poi a occhi chiusi, sei secondi.

Soltanto in treno al ritorno – quinto tentativo, poco prima di Firenze - lui aveva avuto successo.

 




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