Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  05/07/2023

Lo scooby doo: economia, salute famiglia - Paolo Cendon

Alcuni fra i nostri interpreti - per scandire immaginificamente quanto avvenuto, a partire dal 2004,  nel campo dell’Amministrazione di sostegno, - sogliono far riferimento allo Scooby Doo; quel giochino a basso costo (caro soprattutto alle bambine) che si compra dal giornalaio, e che consiste in tre fili di plastica di colore diverso, ad esempio rosso, verde e giallo, da ricomporre l’uno insieme agli altri, con le dita, in modo da formare una piccola treccia.

  (a) In effetti, quando la ‘’Bozza Cendon’’ era stata redatta, nel 1986, l’attenzione degli autori, circa la tipologia delle questioni riservabili al giudice tutelare, era rimasta dominata in via pressoché esclusiva, circa  la vita dell’interessato, dai lemmi  di tipo economico,: spese ordinarie e straordinarie, canone TV, mutui, bollette, condominio, garage, banca, conto postale, investimenti giusti e sbagliati, tasse, contributi della badante, assicurazione, bollo auto, tagliandi, multe, e così via.

 (b) a partire dal 2004 il da farsi, per i giudici e per gli amministratori di sostegno, era però destinato, diciamo pur inaspettatamente, a lievitare.

  Anzi tutto sotto il profilo sanitario.

  Fino ad allora – salva l’ipotesi degli interdetti e degli inabilitati, dove c’era pur sempre un tutore o un curatore, il quale prestava o incoraggiava il consenso - ad autorizzare l’atto medico, fuori dai casi dello ‘’stato di necessità’’, provvedeva di solito (allorché l’interessato non era in condizione di esprimersi) qualche familiare.

 Oppure si faceva capo, in generale, all’espediente del ‘’consenso presunto’’, o ‘’tacito’’, secondo cui è abbastanza plausibile per il diritto, che chiunque di noi, contingentemente obnubilato o alienato, dinanzi a un’attività medica ragionevole e conveniente, da espletare, sarebbe d’accordo – se potesse dire la sua – a che il sanitario procedesse.

  Il giudice tutelare non veniva pressoché mai chiamato in causa.

  (c) Dopo il 2004 sarebbero caduti alcuni dei citati presupposti.

 I familiari non erano più abilitati a fornire, in quanto tali, un consenso informato per il loro congiunto; dovevano a quel fine essere stati nominati amministratori di sostegno, in via ufficiale. L’espediente del consenso presunto - ora che in materia esisteva una normativa specifica - perdeva molto del suo credito presso i Tribunali; e di conseguenza presso i medici, consapevoli per primi dell’azzardo legale incombente in ogni iniziativa importante; decisi a non subire accuse di violenza privata o di sequestro di persona, con relativi corollari risarcitori.

Ecco perché, già nel 2004, si moltiplicheranno le istanze in cui un medico pretendeva, per procedere a quell’atto, specie di tipo chirurgico, che ci fosse qualcuno in grado di   prestare formalmente – con riguardo a chi non era in grado di esprimersi - il consenso informato.

  All’inizio vi sarà allora, ricordiamo, qualche magistrato il quale respingerà l’istanza in questione, dichiarando di non essere competente, come ufficio dello Stato, sul piano sanitario e farmacologico. Sarà ben presto chiaro tuttavia - di fronte a un medico deciso a non procedere in ospedale - che l’unico modo (onde evitare che fosse il malato a scapitarne) era quello secondo cui doveva essere proprio il GT a nominare sul punto, con urgenza, un ‘’avatar privatistico’’: autorizzato nel decreto a dare il consenso.

Dopodiché tutti i giudici concordi.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film