Cultura, società  -  Redazione P&D  -  07/03/2024

Un Dipartimento di Giurisprudenza per la Valle d’Aosta - Giovanni Di Salvo

L’eco riflette contro un ostacolo, ma torna ad essere udito nel punto in cui è stato emesso. È il destino dell’eco.

La costante e suggestiva monotonia.

Questa volta tocca alla Valle d’Aosta.

 A tutti gli studiosi del diritto sono noti i Dipartimenti di Giurisprudenza.

Essi costituiscono la struttura organizzativa specifica nel sistema universitario.

Sono le strutture organizzative degli insegnamenti giuridici, dei corsi di laurea ed i luoghi di aggregazione dei rispettivi settori della didattica, della formazione post-laurea e della ricerca. Suddivisi per aree omogenee, per fini, per metodi e per afferenze.

Indubbiamente, tra essi il Dipartimento di Giurisprudenza esprime ancora oggi il prestigio di una tradizione sapiente, la consapevolezza di un sapere innovativo, le fondamenta di metodo di studio che attribuisce, sovente, credibilità, affermazione pubblica e rilievo istituzionale.

L’istituzione del Dipartimento fu introdotta in Italia dalla Legge del 21 febbraio 1980, n.28.

Da allora, ad esso spetta di promuovere, di amministrare e di coordinare le attività formative, bibliotecarie, di ricerca. E di organizzare i corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca.

Inoltre, esso concorre alle attività delle didattiche, in collaborazione con i Consigli dei Corsi di laurea e di indirizzo; e con gli Organi direttivi delle Scuole di Specializzazione.

Altresì, collabora con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, con il Ministero della Università e della Ricerca e con gli organi delle programmazioni nazionali, regionali e locali, all’elaborazione ed all’attuazione dei programmi degli insegnamenti, relativi alle esigenze di qualificazione e riqualificazione professionale, di formazione dei nuovi profili professionali di alta specializzazione; e della educazione permanente. In conformità rispetto a quanto disciplinato dall'art. 85, 1° comma, per il quale esso "promuove e coordina l'attività di ricerca; organizza, o concorre, all'organizzazione dei corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca; concorre in collaborazione con i consigli di corso di laurea, o di indirizzo, con gli organi direttivi delle scuole di specializzazione ed a fini speciali alla relativa attività didattica”.

La Riforma della Ministra Gelmini dell’anno 2010 soppresse le Facoltà universitarie previste dal Regio Decreto 31 agosto 1933, n. 1592, ed assegnò ai Dipartimenti le competenze delle didattiche. E, come detto, unicamente a seguito della promulgazione della Legge 21 febbraio 1980, n. 28, essi divennero luoghi di sperimentazione organizzativa e di didattica, anche più innovativa e qualificata.

Infatti, l'art. 83, 1° comma, del Decreto del Presidente della Repubblica dell’11 luglio 1980, n. 382, attribuì ad essi "l’organizzazione di uno o più settori di ricerca omogenei per fini o per metodo e dei relativi insegnamenti anche afferenti a più facoltà o più corsi di laurea della stessa facoltà".

La Legge 30 dicembre 2010, n. 240, completò successivamente il percorso di aggiornamento organizzativo modificando le impostazioni organizzative precedenti e stabilendo, all'art. 2, 2° comma, che le Università definiscono la loro articolazione organizzativa interna nei propri Statuti.

Tuttavia, sebbene i Dipartimenti debbano organizzare unicamente la ricerca scientifica nell’area di competenza e non l’insegnamento, la didattica e la ricerca si mescolano, si stimolano, si sovrappongono. E le competenze dei due Consigli del Corso di Laurea e del Dipartimento finiscono per contaminarsi reciprocamente, al punto da apparire quale corpo unico.

In tal modo, il Dipartimento diviene il luogo di aggregazione delle persone, degli studenti e degli studiosi che vi appartengano. E spesso capita di veder lavorare insieme docenti, matricole, studenti e scienziati, che ravvivano inevitabilmente gli edifici, le aule, le strutture e gli spazi comuni (re)interpretando così quei luoghi nei ruoli di aggregazione istituzionale, di condivisione, di sperimentazione e di amplificazione dei fattori umani, sociali ed accademici.

Il Dipartimento diviene così l’alternativa alla agorà, all’epicentro della comunità. Delocalizza le persone e le attrae nel suo ventre catartico, sino a divenire luogo di aggregazione e miscellanea dei saperi.

Eppure, tale entusiasmo non trova pari accoglimento presso tutti i distretti.

Basti considerare a tal riguardo il caso del Distretto universitario della Valle d’Aosta.

La unica Università della Valle d'Aosta non dispone né di un Dipartimento di Giurisprudenza, né di un Corso di Laurea di diritto, di scienze della pubblica amministrazione, o di giurisprudenza.

A tal punto, temo che i residenti siano costretti a migrare in Piemonte, od in Lombardia, in Liguria od in Francia pur di studiare presso una qualificata Università.

Ciò risuona alquanto anomalo e sinistro, se considerassimo, anche, che la Regione è tra quelle a Statuto speciale. E che non sia stato possibile comprendere come siano formati "autonomamente" i giuristi, gli amministratori e le classi dirigenti comunali, regionali e pubbliche.

A tanti tra noi appare quanto meno inverosimile che i corsi di laurea non possano accontentare e rendere felici i tanti aspiranti studenti. Che numerosi tra essi debbano migrare per conquistare quell’ambito status. E che la politica valdostana non sia stata coinvolta al fine di attivare altri corsi di laurea e di istituire il proprio Dipartimento di Giurisprudenza. Con le lezioni in presenza e con dei professori che vengano dal dipartimento del distretto. O magari che non sia stata sviluppata una tecnologia distrettuale che consenta agli studenti di accedere alle lezioni a distanza anche quando vi sia stata una intensa nevicata, od una tormenta.

Non riusciamo a spiegarci i motivi per i quali si possa coinvolgere qualche docente locale ed altri nazionali con dei semplici contratti temporanei di lavoro per fargli tenere delle lezioni. O perché non siano coinvolti dei volontari; di quelli amanti delle vette, delle cime, delle piste, dei colori e dei sapori valdostani.

È evidente che oltre le stagioni invernali ed i flussi turistici è in gioco la autonomia della cultura valdostana ed il prestigio della costituzione nazionale.

Se non vi fosse la possibilità di istituire il Dipartimento gli studenti che vogliano frequentare le aule valdostane non potrebbero impegnarsi per il bene comune, per i valori costituzionali. Lavorare insieme ai loro professori. Essi non potrebbero considerarsi a casa loro. Resterebbero ibernati a causa delle glaciazioni siderali che provengano da altre vette.

Essi non avranno un’aula di studio a loro riservata. Non frequenteranno le sale di lettura della biblioteca. Non potranno studiare per tanti anni. Non potranno riflettere sulle pendenze delle piste, sulle condizioni meteorologiche, sull’immutabilità del paesaggio. E commuoversi ogni volta per quei tramonti che si celano dietro i sipari dei monti. Essi resteranno migranti ed allontanati dai loro genitori, rinchiusi in un palazzo estraneo. Avvinti certamente dalla luce di un’alba che fa, però, il tramonto di qualcun altro.

Chiedo, in conclusione, che l'avvocatura, i penalisti, i civilisti ed i giuristi si attivino affinché si rimedi allo scandalo tra gli scandali. E si dia la possibilità alle matricole, agli studenti, ed agli studiosi di poter frequentare un corso di laurea presso quella giovane università valdostana, che merita anch’essa prestigio, al pari delle antiche vestigie dei luoghi. E dei tramonti così belli ed intensi, che non tramontano mai.




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